Non sono solita esternare opinioni su temi di natura politica, ambientale, religiosa o sociale, e non perché non abbia alcunché di interessante o significativo da dire, sia chiaro. Credo invece di qualificarle come valori facenti parte del bagaglio personale più intimo di una persona. Chi mi conosce davvero sa cosa penso, coloro che invece mi conoscono per sentito dire, o faccio parte della loro lista infinita di contatti sui social, potranno dire di me che adoro il rosa, attori e pellicole degli anni 80, il rap di Madman e il rock-punk dei Clash, guardare film di cui non capisco un accidente, il mio lavoro e i miei amici. Ma per lo meno i punti saldi che orientano la mia vita vorrei fossero il più possibile impenetrabili. Sono assolutamente consapevole di quanto tutto ciò sia molto discutibile, perché se nessuno manifestasse il proprio credo e fossimo tutti più riservati, probabilmente non ci sarebbe progresso. Fatto sta che questa è sempre stata la mia visione della scala dei princìpi, per quanto sbagliato possa sembrare. Il bello della vita, però, è che ti costringe a inchiodarti nella testa il famoso mantra “mai dire mai”, perché le cose mutano continuamente e, alle volte, capita che sigillare se stessi puntando a proteggersi, in realtà non fa altro che scaturire una letale intossicazione dell’anima, che invece necessiterebbe di spalancare i polmoni in favore di aria fresca. Ammetto di essere stata molto testarda, mi è servito svariato tempo per rendermi conto della vacuità che mi porto appresso e della tragica costernazione che mi accompagna ogni giorno: certe azioni riescono a far terra bruciata su tutto quel poco che ti sei conquistato in mesi, o anni. Dopo aver attutito il colpo, che è stato decisivo per il crollo della mia autostima, ho quindi deciso di aprire – o meglio sfondare – tutte le uscite di emergenza, il che ha portato a una duplice conseguenza: in primis, come già ho spiegato poc’anzi, si è favorito il drastico calo della densità di pensieri stagnanti. Inoltre ho potuto constatare di quanto, al contrario di ciò che pensavo, avessi la testa blindata, coi miei pensieri e convinzioni totalmente in contrasto con ciò che il mondo esterno manifesta. Sono anni che ci si batte – capisco quanto sia riduttivo esprimermi così – per la parità dei sessi e, ancor più cruciale, contro la violenza sulla donna, dibattiti che ovviamente m’importano, ma ai quali forse – ora invece ne sono certa – non ho mai focalizzato un chiaro e deciso interesse. Lo dico con grandissima vergogna, veramente. Ma in fondo noi umani siamo fatti così: finché una cosa non ci tocca da vicino, non ne comprendiamo mai a pieno lo spessore e l’importanza che merita. Credo infatti, per la prima volta, che il malessere emotivo che mi contraddistingue da sempre, sia stato soppiantato da assoluta rassegnazione: ho preso finalmente consapevolezza del poco valore che ha la parola di una donna, dell’incapacità di far emergere la sua volontà nei confronti di un uomo (il che porta inevitabilmente a un gran senso di solitudine), del peso delle lacrime che deve stipare con cura per poter disinfettare le ferite. Non vorrei generalizzare eccessivamente, può darsi che non tutte le donne si sentano così schiacciate da questo macigno che è l’uomo o che comunque sappiano farsi giustizia da sole: insomma il mio intento non vuol essere quello di dipingerle tutte deboli e inette come me. Scriverei interminabili parole riguardo questa faccenda, proprio come accade nel mio cervello, che son giorni che si tormenta, stilando congetture su congetture, ma senza mai uscire dal tunnel. Quasi come se fossi una vittima.